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“Athenaeum musicale”:
tutta la forza della musica in corsia

Dagli anni duemila, sulla scia di un progetto sviluppato con i colleghi francesi, gli operatori di questa associazione portano avanti attività musicali per i piccoli pazienti oncologici dell’ospedale Meyer di Firenze e per le loro famiglie, ma anche per gli anziani e per gli studenti all’interno delle scuole. “Cultura è Salute” intervista il presidente dell’Associazione, Alessandro Perondi.

Di cosa si occupa la vostra associazione?

Siamo nati come una scuola di musica nel 1989 poi negli anni Novanta abbiamo preso contatti con una Fondazione privata che voleva svolgere attività musicali per i bambini, pazienti oncologici, dell’ospedale Meyer di Firenze. Allora non c’erano grandi iniziative di questo tipo e ci siamo avvalsi della collaborazione con la Francia, per sviluppare progetti internazionali, rivolti proprio ai piccoli pazienti. Dagli anni Duemila è stato poi l’ospedale stesso a finanziare questo progetto ed ha fornito ai propri pazienti un corso di formazione, con docenti francesi, che è andato avanti per circa un anno. Prima eravamo “un’associazione” poi siamo diventati “una cooperativa” ed abbiamo sviluppato sempre di più le attività negli ospedali, in tutta la Toscana, anche se Firenze rimane il polo principale con circa 1.500 ore di attività musicali ogni anno. Il progetto si chiama “Musica in corsia” per non confonderlo con la musico-terapia: ci sono ovviamente elementi di contatto, ma noi lavoriamo nei reparti, nelle sale d’attesa, nelle camere d’ospedale quindi siamo proprio sul campo ed incontriamo i piccoli pazienti durante tutto il loro percorso di cura. La nostra mission è aiutarli ad accettare in qualche modo la situazione dell’ospedale e delle terapie, per rendere migliore la permanenza nei nosocomi, non solo per loro, ma anche per le loro famiglie.

Che tipo di risposta avete ricevuto dai pazienti e dai loro familiari?

C’è un’evidenza scientifica che ci ha sempre fatto avere grande fiducia in quello che facciamo. Inizialmente cercavamo di essere presenti in tutti i reparti, poi abbiamo deciso di concentrarci sui bambini perché era un reparto che aveva particolarmente bisogno di queste attività. Naturalmente è necessaria una grande collaborazione anche da parte del personale sanitario. Noi lavoriamo su un orario settimanale stabilito, ma abbiamo lasciato ampio spazio anche ai reparti, che sempre più spesso ci chiamano e si rivolgono a noi. Questo avviene proprio per dare supporto ai bambini che, negli ospedali, vivono momenti particolarmente difficili; essere chiamati direttamente dai medici rappresenta per noi una grande cartina tornasole perché lo stesso personale ha valutato che fosse importante svolgere queste attività.

Invece in cosa consiste la “Musica per anziani” e in cosa si differenzia dalle attività con i bambini?

Si rifà agli stessi principi, ma è adattato sugli anziani. Mentre il bambino s’incontra due o tre volte, l’anziano si potrà incontrare per sempre, per accompagnarlo fino alla fine della sua vita. Nei pazienti molto avanti con l’età c’è una sorta di decadimento delle funzioni cognitive e dei processi di apprendimento; pensiamo ai malati che soffrono di Alzheimer o di demenza senile, in questi casi l’aspetto importante non è tanto l’attività musicale in sé, ma più il fatto di sentirsi coinvolti. Per loro diventa una sorta di appuntamento, ci aspettano con trepidazione. E a quel punto cerchiamo di farli sentire vivi con i canti della tradizione, legati alla loro giovinezza, ma anche suoni o ambienti sonori con piccoli strumenti musicali. Ciò che è davvero importante, è che si tratta di attività di relazione con gli altri. Lo scambio infatti è fondamentale: gli anziani cantano, suonano, s’interfacciano l’uno con l’altro. Le persone coinvolte sviluppano un ricordo permanente di questi momenti di grande condivisione. 

Oltre che nelle strutture ospedaliere, siete presenti anche nelle scuole. Con che tipo di laboratori?

I laboratori musicali vengono proposti in tutte le suole, dai nidi in avanti. Queste attività si chiamano “musica in culla” per i più piccoli e poi si modificano in base alle fasce d’età, coinvolgendo in prima persona gli studenti. Normalmente il programma viene concordato con gli insegnanti, a seconda del tipo di scuola. Riusciamo a dare maggiore continuità nelle scuole medie, dove è presente anche la sezione musicale, e lavoriamo con i ragazzi per prepararli ad un’eventuale scelta futura in questo settore. La musica quindi non viene intesa solo come attività ludica, ma viene considerata anche come una possibile strada futura.

Avete appena aderito a “Cultura è Salute”, cosa vi ha convinto del nostro portale?

Credo sia molto importante diffondere il concetto di cultura inteso come salute, sono rimasto davvero colpito da questo portale perché ad esempio mi viene in mente la Francia, dove esistono già da anni le figure di mediatori culturali negli ospedali che si occupano a 360° proprio di questo. In Italia si procede a rilento, spesso si dà troppa importanza all’aspetto terapeutico, ma penso che l’arte sia fondamentale nel processo di cura, perché crea un ponte con l’esterno ed aiuta a spezzare l’isolamento in cui vive il paziente. La cultura permette di cambiare la percezione degli ospedali. Questo portale mette insieme le diverse realtà, che sono in parte medica e in parte culturale, quindi svolge davvero un ottimo lavoro.

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