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Dove c’è talento,
non esistono barriere!

L’Accademia artistica “L’arte del cuore Onlus” coinvolge ragazzi disabili e normo-dotati in progetti di integrazione e valorizzazione delle attitudini personali. Ne abbiamo parlato con la direttrice Daniela Alleruzzo, che ci ha presentato anche il fumetto “Four Energy Heroes”, iniziativa di grande successo, nata durante il lockdown. 

Di cosa si occupa l’Associazione e in che modo affronta il tema della disabilità?

L’associazione “L’arte nel cuore” è nata nel 2005 con lo scopo di offrire a persone con disabilità dei corsi di formazione nello spettacolo insieme a persone normo-dotate: dalla recitazione alla danza fino alla regia, al canto e al teatro. Volevamo dare la possibilità a questi ragazzi di formarsi ma anche creare un polo d’inclusione ed integrazione; quindi anche i normodotati sono stati la chiave di questo progetto perché sono stati fondamentali per abbattere qualsiasi barriera. Il soggetto disabile deve essere aiutato a svilupparsi nelle sue modalità comunicative;  la nostra è una struttura che mette al primo posto l’accoglienza per far sentire queste persone proprio come tutti gli altri.  L’arte è una medicina pazzesca in questo senso! Sviluppare le potenzialità di questi ragazzi è importantissimo: diamo loro degli strumenti artistici per aiutarli a credere in loro stessi.

Chi vi supporta nelle vostre attività quotidiane?

Lavoriamo con degli psicologici che ci “affidano” dei ragazzi per seguirli, ma poi nell’associazione questi “pazienti” si rapportano direttamente con i professionisti dello spettacolo; questi ultimi lavorano sul talento individuale, aiutando ognuno a tirare fuori le proprie emozioni e a coltivare le proprie passioni artistiche. Abbiamo dei ragazzi anche molto gravi a livello cognitivo e motorio, ma da quando frequentano la nostra struttura, hanno mostrato notevoli miglioramenti. Anche i medici lo hanno constatato, così come i familiari di queste persone, sono rimasti colpiti dagli incredibili progressi.

Quanto è importante coltivare un’attitudine, anche quando si deve convivere con la disabilità?

Quando c’è passione, si supera qualsiasi barriera!  Credo che le disabilità spesso siano nascoste dentro di noi, nel senso che molto spesso sono le famiglie in primis a doverle abbattere; devono credere loro per primi nelle potenzialità dei loro figli. Sono dei giovani che hanno una passione, vogliono coltivarla, e noi lavoriamo molto su questo aspetto. Tiriamo fuori il loro talento per offrire loro serenità, per farli sentire PERSONE, non disabili. Non c’è bisogno di rimarcare i loro problemi, farli sentire diversi, questo messaggio è sbagliato. I pregiudizi purtroppo ci sono, ma vanno assolutamente superati. Da anni lavoro sull’integrazione e sull’inclusione sociale, ma in Italia è ancora molto difficile combattere una mentalità ancora molto arretrata.

Di recente vi siete anche distinti per dei progetti di grandissimo successo: di cosa si tratta?

Durante il lockdown abbiamo creato un “carton fumetto”: è stato il primo cartone fumetto nato per esorcizzare la quarantena; ho avuto l’idea di doppiare il fumetto e farlo diventare un “carton fumetto”, di sei puntate, dal titolo “Four Energy heroes”. Vorremmo realizzare anche un vero e proprio cartone animato, sarebbe il primo al mondo creato da ragazzi disabili. Io credo che, se i bambini iniziano da piccoli ad approcciare con la disabilità, possano capire con più facilità anche il concetto di un supereroe affetto dalla sindrome di down; sicuramente questo sarebbe utilissimo per abbattere le disabilità.

E poi abbiamo realizzato un film, “Detective per caso”, il primo al mondo in cui abbiamo avuto il coraggio di portare dei ragazzi disabili al cinema, per una commedia divertente che non parla di disabilità, ma semplicemente racconta una storia di amicizia. Claudia Gerini, Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea sono solo alcuni dei grandi attori che hanno collaborato, prestandosi come comparse, ribaltando quindi completamente i ruoli e lasciando lo spazio di protagonisti ai ragazzi. Purtroppo è stato in sala solo due giorni, questo per dire che questo Paese ancora non riesce a sdoganare certe vecchie convinzioni. Ad esempio in America questo genere di film hanno un successo pazzesco, qui c’è difficoltà ad osare. Le iniziative italiane non sono ancora abbastanza coraggiose in questo senso!

Siete entrati a far parte di “Cultura è Salute”, registrandovi al portale. Che idea vi siete fatti del network?

L’arte è una grande medicina. Arte vuol dire terapia. L’idea di “Cultura è Salute” rappresenta un’opportunità pazzesca per conoscersi; sarebbe bello organizzare anche una serie di incontri in presenza tra le diverse associazioni presenti sul territorio. Si tratta di un contenitore importante per scambiarsi idee, conoscersi e condividere. Mi piacerebbe se “Cultura è Salute” organizzasse un convegno, coinvolgendo i medici; sarebbe molto bello relazionarsi anche con gli psicologici, far venire gli altri a conoscere le nostre strutture, mostrare agli altri cosa facciamo. Speriamo che “Cultura è Salute” riesca ad attivare delle sinergie interessanti anche a livello pratico, per far sì che ognuno di noi possa raccontarsi, conoscersi, confrontarsi. Rappresenta una rete forte, al pari di come già si fa negli Stati Uniti, e mi auguro che possa promuovere sempre di più lo scambio umano che fino ad oggi è stato carente in questo Paese.

A cura dell’Ufficio Stampa Club Medici

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