Ogni giorno giornalisti, analisti e, soprattutto, piccoli e grandi imprenditori s'interrogano sulla ripresa dopo la pandemia e sugli strumenti più idonei da mettere in campo per affrontare, dopo la crisi sanitaria, anche quella economica le cui dimensioni si aggravano di giorno in giorno. Quali soluzioni e quali agevolazioni alle PMI per risollevarle? Vediamole insieme.
Dopo i primi entusiasmi, seguiti ai proclami del governo, molti professionisti e imprenditori si sono dovuti scontrare con una realtà tutt’altro che semplice. L’obiettivo dei “25.000 € in poche ore a tasso zero”, si sta trasformando, ora dopo ora, in una chimera. Partiamo dagli importi: il decreto governativo indica la possibilità di accedere ad una linea di credito agevolata FINO a € 25.000,00 ovvero ad un importo pari al 25% del fatturato certificato dell’ultimo anno. Per accedere a tale cifra, pertanto, bisogna dimostrare un fatturato pari ad almeno 100 mila euro. Qui c'è un primo paradosso: una misura che dovrebbe aiutare chi è più in difficoltà va invece incontro a chi ha consolidato un fatturato di tutto rispetto.
Altro tasto dolente riguarda le garanzie: in base al decreto liquidità, per i cosiddetti “mini prestiti”, la garanzia statale del 100% è automatica e senza valutazione del Fondo. Ma il primo passo ovviamente è ottenere il prestito dalle banche, che non sono vincolate a concederlo e che possono comunque effettuare la loro istruttoria. In una nota dell’ABI viene espressamente indicato che “l’impresa beneficiaria non deve essere classificata, al 31.12.2019, nella categoria delle imprese in difficoltà e non deve avere esposizioni deterioriate nei confronti del settore bancario al 29.02.2020”. Restano pertanto escluse, come di consueto, le imprese - o i professionisti - che presentano delle “sofferenze” o delle “inadempienze probabili”, ai sensi della disciplina bancaria.
Infine è necessario fare un'ultima precisazione: “il finanziamento coperto dalla garanzia deve essere destinato a sostenere costi del personale, investimenti e attività imprenditoriali. Non si tratta pertanto di un “prestito di liquidità”. Nel modulo, che il richiedente deve compilare, viene sottoscritto “l’impegno a consentire l’effettuazione di controlli, accertamenti documentali ed ispezioni in sedi dei medesimi stessi, da parte del Gestore del Fondo, nonché a trasmettere alla banca tutta la documentazione necessaria per effettuare i controlli sulla veridicità dei dati e dell’effettiva destinazione dell’agevolazione”.
Insomma il Decreto n.23, varato dal governo l’8 aprile scorso, presenta pertanto luci e ombre: il governo avrebbe forse potuto rateizzare in automatico parte dei carichi fiscali/contributivi, ma ha preferito coinvolgere il sistema bancario che dovrebbe erogare soldi ai “piccoli” imprenditori pressoché in automatico fino alla soglia dei 25 mila euro con garanzia statale. Almeno così si diceva, ma la realtà appare ben diversa: le semplificazioni vanno in soffitta, la burocrazia bancaria avrà la meglio.