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… E SE LA FACOLTÀ DI MEDICINA NON FOSSE PIÙ A NUMERO CHIUSO?

Cambiamenti nell'aria per i i prossimi studenti di medicina

Il desiderio di un giovane medico di diventare un professionista della sanità comincia a realizzarsi il giorno stesso in cui si supera il temutissimo test di ingresso alla facoltà di medicina. Un test spesso difficile e con un grande sbarramento.

Presto però le cose potrebbero cambiare. I deputati del MoVimento 5 Stelle hanno infatti presentato una proposta di legge a prima firma D’Uva sulla revisione delle modalità di accesso alla facoltà.

Tutti gli aspiranti medici potrebbero avere quindi la possibilità di seguire le lezioni senza necessariamente superare il test a numero chiuso, e i relativi scorrimenti di graduatoria, perché sarà istituito un primo anno comune a diverse facoltà e uno sbarramento alla fine del primo anno, con un conseguente ampliamento del 20% dei posti.

Ma qual è il mood nel settore medico in relazione a questo grande cambiamento?

I medici italiani sembrano essere contrari a questa proposta, che in realtà sposta soltanto lo sbarramento alla fine del primo anno e non è accompagnata da un aumento proporzionale delle borse per la formazione post-lauream.

La vera riforma che chiedono è una specializzazione per ogni corso di laurea in medicina per poter finalmente azzerare l’imbuto formativo che al momento imprigiona 15mila medici e assicurare ai giovani un futuro, non solo una laurea su un pezzo di carta.

Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, è d’accordo sul fatto che il test vada cambiato ma non lo è sulla modalità proposta. La soluzione potrebbe essere mantenere il numero chiuso alla facoltà di medicina e agire direttamente dalla base: preparare i ragazzi delle scuole secondarie con dei programmi basati sul modello di Biomedicina che la Fnomceo e il Miur stanno portando avanti da anni, conservare per i prossimi 10 anni le 2000 borse per il Corso di formazione specifica in Medicina Generale e raddoppiare i posti per le Scuole di specializzazione.
Misure che non costerebbero allo Stato più di centocinquanta milioni di euro l’anno, dei quali cinquanta per la Medicina Generale.

Secondo Anelli non è poi possibile recuperare l’emorragia di borse perse, legate all’abbandono del percorso da parte dei vincitori e contrattualizzando gli specialisti dell’ultimo anno.
Si dovrebbe invece pensare a responsabilizzare gli Enti Privati al finanziamento delle borse di specializzazione e riflettere sulla possibilità che questa diventi una condizione necessaria per mantenere le convenzioni con il Servizio sanitario nazionale.

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